Per l'Abruzzo affacciato sul mondo...


 
Sabato, 30 Dicembre 2017 12:10

Aurum. Laila Michetti, "vi racconto la vita di mio padre Vicentino"

 Le opere donate da Vicentino Michetti al Comune saranno esposte all’Aurum. Sindaco e Blasioli: “Dedicata a lui la Sala Barbella. Una vicenda che trova un lieto fine per l’Ente, la città e l’artista”

“Sì della Giunta alla delibera con cui si adempie all’obbligo della donazione modale delle opere di Vicentino Michetti. Una soluzione gradita alle figlie ed eredi di Vicentino Michetti e all’Amministrazione Comunale che così aprirà al pubblico pescarese e non solo la possibilità di visionare le opere di Michetti, artista geniale anche per molte idee che hanno precorso il presente di questa città – dice il sindaco Marco Alessandrini - Lo farà approvando il progetto che porterà l’esposizione in modo permanente all’Aurum di Pescara, nella ex sala Barbella. La progettazione prevede infatti la sistemazione delle opere all’Aurum, nella sala che prenderà il nome di Sala Vicentino Michetti e conterrà la esposizione permanente oltre che nella parte esterna alla sala stessa”.

“E’ il miglior lieto fine che potessimo scrivere su questa vicenda, per la città, per la famiglia e per l’opera di Vicentino Michetti - Il Vicesindaco Antonio Blasioli - Nel 1995 l'artista pescarese donava al Comune di Pescara alcune opere perché fossero esposte in una sala a lui dedicata del costituendo Museo d’Arte Moderna, prese in consegna dall’Amministrazione dopo la stipula dell'atto di donazione, nell’ottobre 2001, ma mai collocate nel predetto spazio, nonostante l'espresso impegno assunto in tal senso col citato attoProprio per questo nel 2008 gli eredi dell’artista citavano in giudizio l’Amministrazione per il mancato adempimento dell’obbligo assunto di provvedere alla sistemazione unitaria delle opere oggetto della donazione, chiedendo il risarcimento dei danni."

"Nel 2011, nel corso del giudizio, si giungeva alla determinazione di definire in via bonaria ogni questione tra le parti, riconoscendosi la piena validità ed efficacia dell’atto di donazione e stabilendosi che tutte le opere donate da Vicentino Michetti nel 1995, oltre a 45 disegni ancora da consegnare ed al quadro ad olio denominato “I miei genitori”, venissero esposte in via permanente nella sala degli Alambicchi, da intitolarsi all’artista scomparso come “Sala Vicentino Michetti”, ed inoltre che le 37 sculture in terracotta, bronzo, marmo cera e gesso venissero collocate all’aperto, principalmente all’ingresso del complesso ma anche questa transazione non ha sortito gli esiti sperati. Da Presidente del Consiglio contattai più volte la figlia Laila da cui è nata anche un’amicizia a cui tengo particolarmente per cercare soluzioni e devo dire che gli eredi sospesero il contenzioso con il Comune. Con l’assessore Di Iacovo abbiamo incontrato Laila Michetti e so che questa soluzione è ben accetta agli eredi. Così ho lavorato per reperire la provvista economica necessaria all’allestimento. Due anni fa ho lavorato per lo spostamento della statua di Grazia Masciarelli detta “la marinara”, statua del 1958 al centro della sala consiliare. Prima era nascosta in un angolo e nessuno la notava. Il mio impegno non termina qui. Ho un’idea per Grazia e per omaggiare Vicentino Michetti. Dopo l’inaugurazione di questa sala espositiva ne riparlerò con Laila. Approvato il progetto in giunta nei prossimi giorni, partiremo subito con l’allestimento della sala. Vogliamo aprire il prima possibile alla città questa esposizione”.

Vi racconto la vita di mio padre Vicentino Michetti.

Si legge in uno scritto della figlia.

"Un’artista un genio. Si definiva orgogliosamente “Illetterato perché la mia arte è pura e non è contaminata dalle accademie”.

Mio padre nacque a Calascio il 16 febbraio 1909 da madre di Calascio e padre di Alanno.

Il padre era un costruttore edile così crebbe a Calascio. Fu una dinastia di costruttori. Anche mio nonno era un’artista. Costruì anche delle case in stile Liberty. Ideò “La fiera campionaria”. A Pescara ristrutturò il “Teatro Michetti” che era del cugino. Realizzò anche il “Teatro Pomponi” ed il “Cinema Corso”.

A sei o sette anni, quindi circa nel 1915 si trasferiscono a Pescara.

La casa paterna era in Via Umbria, c’è ancora adesso, si riconosce per le decorazioni Liberty. Poi ci spostammo in via Ponterosso dov’era anche lo studio (via Ravenna). Non volendo studiare iniziò subito a lavorare con il padre. Soleva dire di aver ripetuto la terza elementare tre volte e poi “se non te lo da la natura, non te lo da nessuno. La scuola fa tutti polli d’allevamento. Appiattisce”.

Apprese i fondamenti dell’edilizia direttamente in cantiere lavorando con il padre, ma molto presto si staccò per iniziare con un’impresa sua. Siccome erano 10 figli, appena divenne autonomo andò via di casa e si sposò.

Diceva “l’imprenditore finanzia l’artista, perché io non posso essere comandato da nessuno”, “se vuoi bene ai figli non gli devi dare niente”. Una sera di ritorno a casa mio padre passò in riva al fiume che era esondato. Raccolse l’argilla e creò così la prima sculture. Durante la guerra fu fatto prigioniero dai tedeschi e mandato in un campo di concentramento. Si fece notare per la sua arte e riuscì a fare un busto ad Hitler. Ottenne in cambio una licenza premio con l’obbligo sulla parola di tornare. Durante quel periodo gli scoppiò vicino una mina e rimase gravemente ferito alle gambe, mia madre lo curò fasciandolo con le lenzuolo. I medici volevano amputare ma lui si oppose. Furono mesi difficili perché era costretto su di una sedia e solo le cure di mia madre lo fecero tornare a camminare. Non volle la pensione perché diceva “un uomo deve campare la famiglia”. Così si faceva trasportare su una sedia della cucina sul posto dove gli commissionavano dei lavori. Dopo la guerra la casa paterna era stata distrutta. Vittorio Verrocchio, una persona molto generosa, allora proprietario dell’Esplanade, ci ospitò.

Nel palazzo Esplanade c’erano molte persone ricche e le bambine avevano ogni sorta di giochi. Un giorno mia sorella Laila si nascose sotto il letto perché lei non aveva giocattoli e le altre bimbe non la facevano giocare. Mio padre Vicentino andò a prenderla e la portò fuori in mezzo al verde , le fece togliere le scarpe e le disse che il cielo, l’aria, il mare l’erba erano tutte cose sue e che non ci avrebbe nemmeno pagato le tasse. Dove ora c’è Berardo mio padre esponeva i suoi plastici. Lui progettava con idee innovative e poi faceva fare i calcoli. Ideò anche un ponte che collegava le due sponde del fiume. Nel 1946 partecipò alla mostra nazionale a Roma in cui partecipava anche Manzù e vinse con la “La bimba sul nido” ma rifiutò il premio e lo fece dare al secondo perché lui non voleva vivere della sua arte ma del suo lavoro. Successivamente fu invitato a Parigi ad esporre in una retrospettiva insieme a Renoir ma lui rifiutò, “perché le aquile volano da sole”. Presentò un progetto all’Unesco su come salvare i templi in Nubia. Lui realizzava le opere in creta, poi in gesso ed infine in fusione di bronzo.

Le copie delle sue opere sono state donate al Comune di Pescara e sono al Museo Vittoria Colonna. Oggi all’interno del Comune di Pescara potete ammirare la statua di “Grazia La marinare”.

Grazia veniva a casa a posare. Inizialmente l’opera era destinata al posto della “Nave di Cascella”, inserita in una piazza circolare con una fontana. Ma poi la politica preferì l’opera di Cascella.

L’opera di Campo Imperatore fu autofinanziata e costò circa cento milioni di lire. Era un padre fantastico ma quando realizzava le sue opere con l’impeto dell’arte i bambini non potevano fiatare. Tutti, nessuno escluso. Una particolarità di mio padre fu che non poteva creare su commissione, lo faceva solo se aveva l’ispirazione. Un giorno un Assessore al Comune di Pescara gli chiese di realizzare un mezzo busto della figlia, ma lui non ci riuscì perché la figura non lo ispirava. Le sue prime e preferite modelle furono le figlie. Posare voleva dire stare ferme per fare direttamente la scultura. Ma c’era un grande rispetto per il padre e per l’artista. Se l’opera finita non lo soddisfaceva la distruggeva perché era molto esigente. L’opera che appassionò di più mio padre fu la ristrutturazione dello Stadio Adriatico, realizzò l’ampliamento degli spalti su calcoli di un Ingegnere di cui non ricordo il nome. L’alano Bill era di proprietà di un amico che abitava di fronte e spesso andava a trovarlo, così ne fece una statua. Oggi una copia si trova nei giardinetti dietro l’elefante di Piazza Salotto. La stele dannunziana fu realizzata su calcoli di un ingegnere ma mio padre fece tutto il resto, comprese le incisioni. L’elefante d Piazza Salotto invece fu fatto per fare un regalo alla città di Pescara. Vicentino era anche un imprenditore. Aveva realizzato dei brevetti nel campo dei capannoni industriali prefabbricati. Aveva un’impresa alla Brecciarola di Chieti. Ogni mattina usciva a passeggio fino a Montesilvano e si fermava volentieri a parlare. L’ultima opera la fece quindici anni prima della morte. Non aveva più l’ispirazione."

 

chiacchiere da ape

Top News

Statistiche

Visite agli articoli
33233016