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Mercoledì, 13 Maggio 2020 18:39

Parco Nazionale della Maiella. Il maggiociondolo sulla Piana di Rapino.

Scritto da Luciano Pellegrini

Come tutti i cittadini italiani responsabili, ho aspettato con fiducia che fossimo autorizzati ad uscire e poter tornare in montagna dopo il lockdown dovuto al coronavirus, il lumicino non si è spento, la fiamma era tremolante, ondeggiava, ma ora ha ripreso forza per illuminare il nostro cammino.

E’ la speranza per una nuova vita, che dipende da noi, genere umano. Prevedendo che avrei trovato molte persone, ho programmato tre itinerari. Due li ho immediatamente abbandonati, ad ognuno c’erano circa cento vetture parcheggiate che fanno circa cento escursionisti, ma certamente di più. Avrei trovato confusione e assembramento, quindi ho scelto il terzo itinerario.

La PIANA DI RAPINO (1000 m), che si trova nel territorio del Parco Nazionale della Maiella. Per arrivarci bisogna percorrere la (SS 263), da Rapino CH in direzione Bocca di Valle e, dopo circa 2,5 Km, immettersi sulla strada a destra, con l’indicazione per Forcatura. E’ molto sconnessa, ripida e termina in uno spiazzo a (670 m). Si parcheggia la vettura e si procede lungo la carrareccia E1 (Valle Riparossa - Lago dell'Orso), che fa parte del sentiero CAI.

- NESSUNA PERSONA!

Emozionato, quasi incredulo, ho ammirato con attenzione la faggeta, INCURIOSITO dal colore e dalla bellezza dei ciclamini, ho calpestato le foglie secche, li ho accarezzati. Mentre riassaporavo con gli occhi il bosco, mi sono messo in cammino. Non sapevo cosa guardare per prima, come se fosse la prima volta. Mi giravo, ascoltavo, guardavo in alto, mentre l’aria entrava nei polmoni, leggera.

Ecco un albero di MAGGIOCIONDOLO, con i suoi fiori gialli ciondolanti a grappolo dai rami, sembrano orchidee con venature viola. È il suo mese, è vanitoso, vuole essere fotografato ed ammirato. Ce ne sono tanti e mi faccio accompagnare dal cinguettio gioioso dei volatili. Ho capito che anche loro hanno patito quasi la solitudine e, nel vedere una persona, hanno creato un coro intonato, con note leggere ed acute.

Il concerto è stato accompagnato dal rumore del ruscello dell’Acquafredda, (è una sorgente importante del territorio di Rapino, che nasce a circa 1700 m, nei pressi di Fonte Carlese, (1725 m), per poi confluire nel fiume Foro, a Fara Filiorum Petri - CH. Ho Costeggiato questo ruscello che scorre nella Valle dell’Acquafredda, per arrivare nei pressi dei ruderi dell’Abbazia di San Salvatore di Rapino, (850 m), fondato nel VIII sec. dai Benedettini di Montecassino. Questa località è ancora ricordata come, “cunvèndë majèllë”, (Eremo Majella).

Intanto il mio organismo si è acclimatato, le braccia nude e umide, il sudore, il respiro, per riconoscere il profumo dei fiori di campo e degli alberi: Melo, Ciliegio, Noce, Melograno, Biancospino, Prugnolo, Sambuco, Pino, Faggio, Abete, Ginepro, Ortica, Malva, Tarassaco o dente di leone, (per la forma dentata della foglia), Rosa canina e le Margherite. Questo semplice fiore, (chi non l’ha sfogliato, strappando i petali ad uno a uno, dicendo di volta in volta “m'ama”, “non m'ama”, nella speranza che l'ultimo petalo da strappare corrisponda al “m'ama”?), ha creato un soffice tappeto bianco, che ha ricoperto il sentiero, dove io ho goduto camminandoci sopra. Questi profumi mi hanno spiegato un ‘avventura, che si è verificata al ritorno e che racconto in seguito. Seguitando a camminare immerso in questa bellezza di una natura ancora non sfruttata, sono arrivato a Fonte Matteo, (975 m) facendo una ripida salita, ho abbandonato il bosco e sono arrivato ad un altopiano prativo, di origine carsica, (1010 m), dove termina il sentiero Riparossa-Lago dell'Orso.

Questa località, viene chiamata anche: Piana di Rapino o Piana delle Felci, piànë dë li fuvëcìërë, perché questa pianta, nasce nelle zone umide. Certamente era una zona coltivata, dove le persone, con duro lavoro, hanno separato i sassi dalla terra rossa, per renderla fertile. Si notano terrazzamenti e cumuli di sassi. Visibile una costruzione di pietre a secco (tholos) ed un rifugio per i pastori. Si attraversa una lunga radura e, camminando su un comodo sentiero fra saliscendi, si arriva alla fonte Pagliarone (950 m), con un’area da Pic Nic. Qui si gode un bel panorama sulla costa e i paesi vicini. Tornando indietro, rapito dalla varietà dei fiori, con i colori viola, ciclamino, giallo, blé, mi ha distratto un rumore, che sembrava di una moto, di un taglialegna. Mi fermo per capire la provenienza, ma il ronzio è sopra la mia testa. Alzo lo sguardo… ed uno sciame di api, hanno oscurato il sole. Conoscendo le conseguenze della puntura, confesso che mi sono spaventato. Senza far notare questo mio stato d’animo, camminando piano, mi sono allontanato, girandomi per la foto. Mi sono chiesto dove tutte queste api, depositavano il miele, non essendoci arnie.

Certamente l’ape regina, stava trovando qualche albero, che sostituiva le arnie. Fortunato chi trova questo nettare…! La mia immaginazione mi ha fatto pensare, perché la località, si chiama LAGO DELL’ORSO. Forse perché anticamente girovagava questo plantigrado? La sera, rientrato a casa, una notizia mi ha rallegrato… alla PIANA DEL VOLTIGNO, nel Parco Nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga, è stato avvistato, fotografato e ripreso, UN ORSO! Che coincidenza di eventi! Se potessi avvicinare questo ORSO, gli suggerirei di spostarsi NELLA PIANA DI RAPINO, perché troverebbe il suo cibo preferito! Chissà se “un passo… cinguettio...”, lo avviserà! Rilassandomi, ho colto un soffione (è il frutto del tarassaco). E’ una palla lanuginosa di semi leggeri, che soffiando volano, come le bolle di sapone. Alcuni si sono attaccati sul mio viso sudato. Mi ricorda un gioco che facevo quando ero piccolo. Sono così arrivato alla macchina non convinto di tornare a casa. Una escursione dove si ritrova la storia, la flora, la fauna, il silenzio, l’ambiente.

Distanza 9 km A/R Durata 4 ore senza soste Dislivello +/- 400 metri Difficoltà E

chiacchiere da ape