Carlo Antonio Grue (1655-1723) fu una delle più brillanti personalità artistiche della sua epoca.
Figlio e allo stesso tempo allievo di Francesco Grue (1618-1673), trasportò nella maiolica di Castelli i temi e lo spirito della grande cultura figurativa barocca. Si distinse, inoltre, per un’eccellente abilità tecnica accompagnata da una raffinata sensibilità pittorica, attraverso cui riuscì a trasporre sulla maiolica molteplici sfumature di colore.
L’opera raffigura una scena che si svolge all’interno di un ambiente in cui ogni personaggio è impegnato in un’azione che invoca, in chiave allegorica, il mattino: una nobildonna cuce un lembo di tessuto finché la sua attenzione non viene richiamata dai due figli più piccoli, accovacciati accanto a lei. In secondo piano sono presenti le figure di un precettore e del suo allievo. Anche per gli interni, Carlo Antonio si attenne abbastanza fedelmente all’incisione che ispirò questa scena, con elementi architettonici sullo sfondo e un dipinto raffigurante Febo (epiteto della divinità greca Apollo).
La stampa cui si fa riferimento fu trasferita sulla ceramica con la tecnica dello spolvero e deriva da un’incisione dell’olandese Jan Pietersz Saenredam (1565-1607), su invenzione di Hendrick Goltzius (1588-1617), appartenente alla serie Le parti del giorno.