E' quanto ha detto Maurizio Martina che ha aperto la Direzione Pd facendo gli ''auguri di pronta guarigione" a Giorgio Napolitano."Questa partita, questa ipotesi" con i 5 Stelle "è chiusa e il dato di fatto è che ora il rischio di voto anticipato è più forte di ieri". Quella del 4 marzo, aggiunge Martina, "è stata una delle più gravi nella storia del centrosinistra" e "la nostra discussione deve ripartire da qui perché non possiamo rimuovere quello che è accaduto. Dobbiamo riflettere, analizzare e capire per cambiare". Si leggesu Adnkronos.
"C'è bisogno di una rifondazione dell'analisi e del pensiero che è anche una gigantesca sfida culturale oltre che politica - sostiene Martina -. Non è certo solo una questione italiana ma come chiaro a tutti è un tema che investe la sinistra e il campo progressista in particolare in tutto il mondo occidentale. Serve davvero un nuovo inizio per questo progetto. Non tornare indietro e non andare oltre. Ma riprogettare per ripartire".
"E serve un ripensamento netto anche su come si fa partito. Su come si sta insieme. Su come ci si riconosce. Su come ci si confronta e si prendono decisioni dopo essersi ascoltati e confrontati con la voglia di costruire una risposta comune. Da noi non possono esistere liste di proscrizione. Non tutto si può risolvere sempre con la logica dei rapporti di forza''.
"Vi chiedo di rinnovare la fiducia al mandato" da segretario reggente "fino all'assemblea" nazionale del Pd. "Vi chiedo un sostegno che non sia di facciata. Chiedo alla direzione -ha detto Martina- di rinnovarmi la fiducia a proseguire il mandato nella gestione di questa fase particolare e fino all'Assemblea nazionale che sarà certo un passaggio importante per la nostra prospettiva. Non chiedo sostegni di facciata ma propongo un passo consapevole. Non ci servono unanimità che si sciolgono al primo minuto dopo la direzione". "Mi è chiaro che una parte importante delle riflessioni che ho provato a proporvi non possono trovare una risposta compiuta solo nella discussione di una direzione - aggiunge Martina -. Sento come tanti altri il bisogno di uno sforzo congressuale nei tempi giusti capace di andare in profondità e di non rimanere in superficie''.
IPOTESI SUL TAVOLO
"Per noi il tema non è mai stato votare Salvini o Di Maio premier. Ma per noi il tema non potrà mai essere nemmeno sostenere un qualsivoglia percorso con Salvini, Berlusconi e Meloni come soci di riferimento. Tanto più impossibile chiaramente per noi un governo a trazione leghista".
"Non si è mai trattato di dire un sì o no, mai di decidere sì o no a un governo con M5S, ma se lanciare una sfida culturale ai 5 Stelle, una sfida del cambiamento senza nessuna rinuncia ai nostri valori".
"Non una resa ma un rilancio, si trattava di immaginare questa ipotesi" conclude, ma la Direzione del Pd è appena iniziata. "Realisticamente chiuderemo con un voto" anticipa Matteo Orfini che prevede la fine dei lavori entro le 20. Maurizio Martina in "versione moderata" è piaciuto al fronte renziano presente in Direzione. Apprezzato, viene riferito, il passaggio in cui il segretario reggente ha definito "chiusa" la partita con i 5 Stelle. Condivisa anche la richiesta di fiducia per il mandato da reggente fino all'assemblea nazionale Dem.
Berlusconi a caccia di responsabili
Per la soluzione del rebus governo Silvio Berlusconi non cambia linea: spetta al centrodestra provare a formare un esecutivo, magari grazie al soccorso dei responsabili. Ovvero, cercando i voti, ad uno ad uno, in Parlamento di tutte le forze responsabili, compreso il Pd e M5S.
Lo schema ricalca il modello spagnolo del governo di minoranza o della 'non fiducia' per le urgenze del Paese, che piace molto anche al presidente del Parlamento Ue, l'azzurro Antonio Tajani.
Una 'soluzione ponte', sponsorizzata sin dal primo momento da Gianni Letta, per approvare subito con chi ci sta alcuni provvedimenti urgenti come la manovrina economica richiesta dalla Commissione Ue, evitando l'aumento dell'Iva, e la riforma della legge elettorale. Di fatto questa 'formula' non esclude un 'governo del presidente' o meglio la formazione di una squadra per andare a palazzo Chigi sotto la supervisione del Colle. Resta, però, il nodo della Lega: sarà difficile, infatti, convincere Matteo Salvini, contrario a qualsiasi appeasement con il Pd e a stringere intese con gli 'Scilipoti di turno'. Scilipoti che, in una nota, ha voluto ricordare "al leader leghista che le mie scelte del passato hanno evitato che l’Italia finisse nelle mani dei banchieri", "sarebbe interessante confrontare i nostri rispettivi curricula vitae. Gli italiani valuteranno chi è l’uno e chi è l’altro".
Berlusconi apre la caccia.
A rilanciare oggi l'idea di coinvolgere il 'voto responsabile' è la capogruppo forzista al Senato, Anna Maria Bernini: ''A due mesi dal voto la priorità per Forza Italia è dare subito un governo al Paese, uscendo dalle chiacchiere inconcludenti e dannose di chi parla troppo e fa troppo poco. Un governo di centrodestra, votato dagli italiani e sostenuto in Parlamento da voti responsabili, per rispondere presto e bene ai bisogni e alle esigenze del Paese". Ancora una volta riflettori tornano a essere puntati sul 'serbatoio' del gruppo Misto, bacino 'incolore' di tutti i 'fuoriusciti' delle varie forze politiche. I più 'attenzionati' saranno i grillini sospesi, centristi di varia estrazione e quelli nel Pd, naturalmente, pronti a dare una mano per senso di responsabilità appunto. I 'responsabili' sono un vecchio pallino del leader azzurro. Il primo pensiero, naturalmente, va al 'precedente' di 6-7 anni fa, quando nacque il 'gruppo dei responsabili' che mantennero in piedi il governo di centrodestra tra il 2010 e il 2011. Tra i nomi spiccavano quelli di Antonio Razzi e Domenico Scilipoti, che fanno venire l'orticaria alla Lega. Il Cav è tornato ad accarezzare l'idea del soccorso responsabile mesi prima del 4 marzo. A fine febbraio scorso Berlusconi lanciò l'amo pubblicamente: ''Non si dice mai di no a chi dice che sottoscrive il programma. Si tratterebbe di 'responsabili'". Le sue parole fecero discutere, sollevarono un polverone di polemiche e non se ne fece niente.
Nuove consultazioni Lunedì
Nuove consultazioni lunedì prossimo del presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, per verificare se i partiti propongano altre prospettive di maggioranza di governo. A distanza di due mesi, si rende noto oggi al Quirinale, le posizioni di partenza dei partiti sono rimaste immutate. Non è emersa alcuna prospettiva di maggioranza di governo. Nei giorni scorsi è tramontata anche la possibilità di un’intesa tra il Movimento 5 Stelle e il Partito democratico. Il presidente Mattarella svolgerà le nuove consultazioni in un’unica giornata, questa volta in ordine decrescente. Si inizierà alle 10 con il Movimento 5 Stelle; il centrodestra si presenterà alle 11 con un'unica delegazione; alle 12 il Pd. Nel pomeriggio si riprenderà alle 16 con Liberi e Uguali, seguiti alle 16.20 dal Gruppo parlamentare per le Autonomie del Senato, alle 16.40 e alle 17 dai Gruppi Misti, rispettivamente, di Palazzo Madama e Montecitorio. Alle 17.30 e alle 18 le udienze con i presidenti della Camera, Roberto Fico, e del Senato, Maria Elisabetta Alberti Casellati.
M5s parla di opposizione durissima, "possiamo metterci di traverso"
Il M5S si prepara a un'opposizione durissima, anche se, dal nuovo giro di consultazioni del presidente Sergio Mattarella fissato per lunedì prossimo, dovesse prendere forza l'ipotesi di un esecutivo di scopo per uscire dalle secche. Dopo l'illusione di un Movimento di governo, "pronti a un'opposizione che sarà chirurgica", spiega un senatore di vecchio corso. Con 330 parlamentari all'attivo, e le presidenze di diverse commissioni che, visti i numeri, spettano al Movimento, "possiamo davvero metterci di traverso e rendere la vita impossibile a un eventuale governo o governissimo", il ragionamento. Al Quirinale lunedì i 5 Stelle, capitanati da Luigi Di Maio che oggi alle 18.30 torna a riunire i direttivi di Camera e Senato, rinnoveranno la loro richiesta di tornare al voto. Da qui non ci si muove, tramontata ormai la convinzione di un governo a trazione M5S.
"Abbiamo aperto al Pd per senso di responsabilità e per rispetto nei confronti di Mattarella - spiegano dall'inner circle del capo politico - ci siamo spinti al massimo nonostante la base fosse tutta contro. Noi, a differenza di Pd e Lega, abbiamo la coscienza pulitissima, il Capo dello Stato non può chiederci di andare oltre". E anche alle sirene della Lega che ancora suonano, i 5 Stelle restano e resteranno sordi. "Tornare al tavolo ora - spiega un parlamentare molto vicino a Di Maio - vorrebbe dire farlo in un ruolo subalterno, rinunciando alla premiership e sedendosi al tavolo con Berlusconi: per noi non esiste al mondo". La convinzione che prende piede nel Movimento è che, in realtà, ci sia un accordo per arrivare a un governo per le riforme che avrà l'appoggio di Lega, Pd e Fi, lasciando fuori il M5S e sabotando l'ipotesi di un governo guidato da Di Maio, come spiegato dallo stesso capo politico del Movimento ieri a 'Porta a Porta'.
Va in questo senso anche la mail indirizzata ieri dallo stesso Di Maio ai parlamentari 5 Stelle. Ora si lavora a pancia bassa per ricompattare la base e i gruppi parlamentari, dove alcune frange covano malcontento e sperano che dalla debacle possa arrivare l'assist per disarcionare Di Maio dalla leadership. Ma Beppe Grillo e Davide Casaleggio sono con lui, pronti a tutelarlo e a difenderlo dall'eventuale 'fuoco amico'. "Del resto - ragiona più di un parlamentare grillino in Transatlantico - se al posto suo ci fosse stato chiunque altro, da Di Battista a Taverna allo stesso Fico, le cose non sarebbero andate diversamente: la volontà era quella di sabotare un governo M5S. E ci sono riusciti".